C’era anche una nutrita delegazione reatina alla Settimana sociale dei cattolici in Italia. Assieme al vescovo Vito Piccinonna c’erano il direttore dell’Ufficio diocesano Problemi sociali e lavoro, don Valerio Shango, Silvia Di Donna, già presidente diocesana dell’Azione cattolica e impegnata nell’Osservatorio socio-politico diocesano RiData, e Fabiano Ermini del Progetto Policoro. A loro il compito di restituire nel corso del tempo alla comunità diocesana la ricchezza dei discorsi di Trieste. Ma qualche suggestione è bene iniziare metterla subito in circolazione: l’occasione è importante.
I lavori aperti dal Presidente Mattarella e chiusi da papa Francesco hanno contato su 1200 persone da tutto il Paese, con oltre 4mila presenze nelle “Piazze della democrazia” e nel “Villaggio delle buone pratiche”. La partecipazione non è stata solo il tema di relazioni e dibattiti, ma un fatto certificato dai delegati dalle diocesi italiane. E non è un dettaglio che quasi per metà fossero donne e per un terzo giovani. «Si è riflettuto sulla centralità della persone nella democrazia», racconta don Valerio Shango. «Un orizzonte possibile se non si riduce il risultato delle urne alla contabilità elettorale, ma si riconosce in esso un luogo della partecipazione, che richiede l’ascolto delle minoranze, perfino di quelle voci che non rientrano nel quadro politico attivo. A confondere l’esito elettorale con la realtà del Paese, infatti, si rischia di cadere nel “populismo” che schiaccia la pluralità, fa crescere le divisioni ed esclude i senza voce».
Un approccio che durante i lavori della Settimana sociale non è stato solo enunciato in astratto: nei laboratori si è fatto un grande lavoro di ascolto. «Metodo di lavoro impegnativo, ma molto efficace», riconosce Shango: «i circoli costituiti dopo le relazioni hanno fatto risuonare i discorsi ascoltati, ma soprattutto hanno fatto fiorire la capacità di considerare la voce di tutti, cercando di fare una sintesi sincera». Trieste, terra di confine e incontro tra varie culture e fedi, ha rappresentato per questo uno scenario simbolico molto forte. Ma l’esigenza è sembrata emergere anche dall’esterno e lo si deduce dalla notevole attenzione mediatica.
Forse perché i grandi mutamenti politici e sociali in atto hanno riacceso l’attenzione di tutti sugli argomenti del vivere civile e della costruzione del bene comune. «Sta emergendo – nota don Valerio – l’esigenza dei cattolici di avere un ruolo sociale e politico importante in un contesto di grande instabilità. I temi aperti sono tanti: le guerre, le migrazioni, la transizione ecologica, la paura che lo sviluppo tecnologico causi terremoti nel mondo del lavoro. Ci troviamo davanti a fenomeni epocali e la risposta non può risiedere in politiche superficiali. Pensiamo alle migrazioni: papa Francesco ha sottolineato come l’accoglienza sia un tratto distintivo del cristiano, che non trasforma il proprio benessere in egoismo. Su questo la città di Trieste ci ha parlato al cuore, ricordando le sue ferite, ma anche testimoniando processi di riconciliazione sulla “rotta balcanica”».
Ovviamente, i movimenti epocali hanno ricadute anche nel raggio breve della dimensione diocesana. Il ritorno della delegazione nel Reatino ha riportato a contatto con una terra dal futuro incerto, che fatica ad agganciare il presente e soffre più di altre l’inverno demografico a causa dello spopolamento dei piccoli centri. Un tema che la Chiesa italiana ben conosce e forse non a caso l’annuale incontro dei vescovi delle Aree interne ha seguito da vicino la Settimana sociale. Le sfide sono importanti e le risposte tutte da trovare in una comunità responsabile, che considera il Noi più importante dell’Io. Per questo don Valerio porta a casa da Trieste un desiderio, quello di «scuole di formazione socio-economicopolitica che aiutino a far crescere pensieri nuovi sul bene comune. Senza trascurare di mostrare le ricadute sociali del Vangelo anche nelle omelie domenicali, con semplicità, fede, gioia e speranza».